Il Femminino ovvero l'unitivo

Il Femminino ovvero l’unitivo, è l’espressione con la quale Teilhard de Chardin intitola l’ultimo capitolo della sua opera Il Cuore della Materia. Si tratta in effetti della formula più incisiva ed efficace per definire l’esito delle sue riflessioni sull’elemento femminile.
Il pensiero di Teilhard ha come paradigma ineludibile il fenomeno dell’evoluzione che avviene là dove in successione compaiono esseri sempre più complessi, grazie a un movimento che spesso Teilhard definisce come percorso “dal molteplice all’uno”.
Da un inizio chiamato convenzionalmente big-bang, un processo di sintesi spinge a superare la soglia della vita, quella della nascita del pensiero, fino all’instaurarsi della noosfera, realtà nuova, ad un tempo materiale e spirituale e che condurrà con molta probabilità ancora oltre.
In questo meccanismo di crescita quale particolare ruolo assume l’elemento femminile cui Teilhard ha dedicato molta riflessione e saggi interessanti per il contenuto e affascinanti per la forma? Ricordiamo in particolare il saggio intitolato L’Eternel Feminin, che può essere annoverato tra i più bei poemi del ‘900 dedicati a tale tema. Cosa ha spinto Teilhard ad occuparsi così a fondo del tema del femminile?
. Teniamo sempre presente che Teilhard de Chardin, scienziato di formazione e di professione, nella “ricerca di senso” che lo condurrà a una grandiosa “unitaria visione cosmica” parte sempre dall’indagine sul reale circostante, cioè dal fenomeno, per poi proseguire la riflessione sul piano dell’interiorità. Due versanti, quello dell’esperienza e quello della discesa all’”interno di sé”, come talvolta la definisce, caratteristici del suo modo di procedere, ma da lui definiti indispensabili, necessità vitale dell’essere pensante che vuole, anzi deve, pena il suo fallimento evolutivo, costruirsi ulteriormente su un piano di coscienza sempre più elevato. Con questo atteggiamento egli cerca di chiarire il “il posto della donna nella natura”
Durante la prima Guerra Mondiale cui Teilhard partecipa come portaferiti, scrive, tra il fango delle trincee, appunti in cui riversa i primi abbozzi del percorso intellettuale e spirituale che andrà maturando nel corso della vita e li invia alla cugina Marguerite: sia per salvare tali scritti dallo smarrimento qualora dovesse rimanere ucciso, sia perché nel comparteciparle le proprie idee si accorge, dai commenti che ne riceve in cambio, quanto sia importante l’apporto della sua sensibilità femminile al loro sviluppo. Riflettendo sulle reazioni, sulle emozioni, sulla crescita di
consapevolezza che determina in lui il rapporto con il femminile, giunge a trasferire le sue considerazioni, con spontaneo slancio, nel testo sopra accennato, l’Etérnel Feminin. Un vero poema in prosa, nel quale ispirandosi al cap. XXIV dell’Ecclesiaste, che tratta della Sapienza, e sostituendovi il termine di Eterno Femminino, attraverso un susseguirsi di significati analogici, affronta il tema dell’amore. Indicandolo come forza di unificazione ne segue le successive fasi di sviluppo che vanno dalle attrazioni primordiali tra gli elementi fisico-chimici, alla forza riproduttiva nel mondo vivente, alla funzione spiritualizzante che l’amore può assumere a livello umano, alla forza salvifica che gli ha attribuito Cristo. Il femminino, presente fin dalle origini del mondo, è stato, ”il lieve fremito che ha insinuato negli atomi… l’inquietudine oscura e tenace di uscire dalla loro annichilente solitudine, per agganciarsi a qualcosa fuori di essi”. Dopo questo inizio, pazientemente ma inesorabilmente, questa forza ha continuato a lavorare nel cuore delle cose. Il Femminino che qui si presenta personificato, parlando in prima persona allude alle trasformazioni avvenute nel corso delle ere e dice “considerate la vita dall’alto al basso, l’effervescenza umana che fa fermentare il Mondo, il canto e gli ornamenti degli uccelli, il ronzio degli insetti, l’instancabile sbocciare dei fiori, il lavoro oscuro delle cellule, l’infinito lavoro delle germinazioni… sono io il raggio unico da cui è eccitato e in seno al quale tutto ciò vibra.” 1
Ispirato da suggestioni tratte dalla scienza, Teilhard intuisce come nella scala degli esseri che evolvono e salgono verso lo spirito, agisca una forza la quale giunta a livello dell’essere riflesso, che è l’uomo, si rivela essere “amore”. Ecco il punto di incontro tra la dignità che Teilhard attribuisce al femminino, e l’energia cosmica evolutiva: la donna, rivelando l’amore all’uomo, lo mette in sintonia con l’energia dell’Universo. Questa energia viene anche definita l’Essenziale femminile, cioè quel quid, di concentrazione e di condensazione “senza il quale gli esseri ritornerebbero al nulla del puro Molteplice e per effetto del quale si uniscono in sintesi sempre più vaste e complesse”.
L’Eterno Femminino così continua: Ho incominciato a rivelarmi con l’apparire della vita. Ma l’Uomo è stato il primo a riconoscermi per il turbamento che la mia presenza gli ha causato.
1 La vita cosmica, cit., pag. 321.
Quando l’uomo ama una donna immagina lì per lì che il suo amore vada solo ad un individuo come lui, da circondare con il suo potere e da associare a sé liberamente.
Avverte certamente, come un’aureola che mi incornicia il volto, un’irradiazione che rende più sensibile il suo cuore e illumina tutte le cose.
Ma attribuisce quest’irradiazione del mio essere ad una disposizione soggettiva del suo spirito affascinato o a un semplice riflesso della mia bellezza sulle mille sfaccettature della Natura.
Ben presto tuttavia si stupisce della violenza che si scatena in lui quando mi avvicino e trema constatando che non può unirsi a me senza essere necessariamente coinvolto al servizio di un’opera di creazione universale.”
Ne Il Fenomeno Umano, Teilhard de Chardin non nomina in modo specifico l’energia femminile che attraversa la cosmogenesi. Parla tuttavia di due energie, l’energia radiale, che attrae gli elementi nella direzione di uno stato sempre più complesso e centrato verso l’avanti e l’energia tangenziale, di tipo più fisico, a carattere più esteriore. Esse agiscono in correlazione, non sono trasformabili l’una nell’altra, ma sono interdipendenti l’una dall’altra nel loro funzionamento e nella loro evoluzione. È dunque nell’energia radiale che risiede quell’elemento femminile che altrove, in saggi meno scientifici, ma più interpretativi di senso, Teilhard chiamerà Il Femminino ovvero l’unitivo.
Teilhard indica l’armonia dell’Umano nella realtà concreta “maschile e femminile”. La sua ricerca e riflessione mira ad un’antropologia relazionale che implica la totalità dell’essere umano. Prospettando questa visione dell’uomo in senso relazionale aiuta a trasferire sul piano comportamentale ed etico un atteggiamento di superamento di una visione individualistica ed egoistica: proponendo la sintesi orienta a quel “siate uno”2 che è la chiave di accesso al ‘più essere’
Per Teilhard la “molecola umana completa” (come sempre il suo linguaggio ha sapore scientifico) “è una dualità che comprende ad un tempo il maschile e il femminile”.
Un altro importante saggio sul problema del femminile scritto nel 1934, è l’Evoluzione della castità, in cui dimostra che la verginità è un punto di arrivo, innestabile unicamente su una maturità umana pienamente raggiunta e non un punto di partenza.
2 Giov, 17,21-23
Infine, nell’ultimo saggio a carattere autobiografico, Il cuore della materia, scritto alla fine della sua vita, Teilhard sosterrà quanto segue “…posso affermare una doppia convinzione, progressivamente nata in me al contatto dei fatti, e di cui voglio dare testimonianza con la piena serenità ed imparzialità che vengono con l’età. Che in primo luogo mi sembra indiscutibile (de iure e de facto) che nell’uomo - anche votato, e per quanto votato sia, al servizio d’una causa o d’un Dio – nessun accesso alla maturità ed alla pienezza spirituale sia possibile al di fuori di qualche influsso ‘sentimentale’ che venga a sensibilizzare in lui l’intelligenza ed eccitare, almeno all’inizio, le sue potenze d’amore. Come non può fare a meno della luce, dell’ossigeno o delle vitamine, l’uomo – nessun uomo – può fare a meno del Femminino…”3
L’interpretazione teilhardiana dell’elemento femminile costituisce una grossa rivalutazione della donna grazie al ruolo e alla funzione che le riconosce in seno alla creazione e che va ben al di là della sola funzione riproduttiva che necessariamente le è sempre stata riconosciuta. Il riconoscimento della forza creatrice e unificante che si sprigiona dal femminile facendolo funzionare da catalizzatore delle potenzialità spirituali che possono trascinare “oltre”, possono essere considerati elementi utili al femminismo, ma non certo inteso secondo il significato che correntemente si dà a tale termine. Nel femminismo la dualità maschile e femminile è stata in genere affrontata in termini di lotta. Teilhard pone invece il problema in termini dialettici scoprendo la possibilità e la necessità della sintesi e dell’integrazione.
In una Note de retraite, parla di “Faux féminisme”, di falso femminismo, che rischierebbe di sopprimere l’evoluzione e la crescita del femminile, così come rischia pure di sopprimerlo “l’esclusione” del femminile (velato accenno questo a certe prese di posizione verso il femminile assunte in ambente ecclesiastico). Il femminile, scrive Teilhard, attira gli uomini e attira Dio. Se è vero femminile, si trasmette e si perfeziona. In questo modo la donna si trasfigura e si purifica in dinamismo spiritualizzante, rimanendo se stessa, con la propria peculiarità di elemento unificante dell’essere umano in sé e in seno alla comunità degli umani.
In sostanza, nella confusione odierna che richiede prepotentemente che si affrontino sempre ulteriori approfondimenti della realtà femminile, e soprattutto della relazione tra le due energie maschile e femminile, le
3 Pierre Teilhard de Chardin, Il cuore della Materia, editrice Queriniana, Brescia 1993, pag. 50.
suggestioni che in quest’ambito ci vengono dalla riflessione di Teilhard de Chardin possono ancora una volta aiutare a scoprire nuovi, produttivi orizzonti di senso.